Era il 31 dicembre 2018, notte di Capodanno. Una di quelle feste ben organizzate dove svariati conoscenti si scambiano gli auguri per un felice anno nuovo. Fra volti conosciuti e no anche qualcuno che, timidamente, vuole approfondire la conoscenza. Un prosecco, uno stuzzichino, due banali luoghi comuni messi ad arte per spezzare l’imbarazzo che anche chi socializza senza difficoltà, prova in qualche contesto “nuovo”. Che poi un po’ misantropi siamo tutti e, spesso, spacconiamo per non far vedere la nostra timida debolezza. Le domande classiche: “Tu di che cosa ti occupi?”, “Ho un ‘impresa edile, momenti difficili… e tu?” “Beh io, io con due soci gestisco una società sportiva che si occupa di pallacanestro…” “Ah interessante, ma dicevo, di lavoro “vero” fai?…”
Di lavoro “vero” gestisco una società sportiva! Cavolo, abbiamo 650 tesserati, 19 squadre, 15 istruttori/allenatori, 6 centri MiniBasket, utilizziamo 6/7 palestre e 4 le gestiamo in prima persona. Ci occupiamo della crescita tecnica, e soprattutto umana e sociale, di 600 ragazzi dai 6 ai 19 anni, che vogliamo si allenino minimo 2 volte la settimana, ma meglio 3. Che vogliamo abbiano guide tecniche qualificate che li seguano nel progetto tecnico ma anche nel progetto formativo, perché lo sport di squadra, non me ne vogliano gli sport individuali, ha dinamiche sociali molto sottili e articolate che richiedono il giusto approccio e la giusta proposta. E non vogliamo lasciare indietro nessuno, vogliamo che tutti abbiano le stesse opportunità di mettere in campo le loro capacità, secondo indole e talento. Così ci rapportiamo con la Federazione Italiana Pallacanestro e con altre strutture, ad esempio il Centro Sportivo Italiano, che ci permettono di mettere tutti in campo ogni fine settimana, sabato e domenica! Eh si, perché noi lavoriamo tutta la settimana per lavorare sabato e domenica. E senza i riflettori dello sport Pro! Ma con dedizione, impegno e fatica pari, se non superiori in virtù della diversa disponibilità di risorse.
E come tutti i lavoratori anche noi ci diciamo “A lunedì!” solo che lunedì è già domani mattina e ancora qualcuno di noi deve chiudere e sistemare l’ultima palestra della domenica; vorrai mica negare ai piccoli del MiniBasket e alle Giovanili di ambire a giocare nella Nostra Prima Squadra? Come fai a negargli l’ambizione, visto che la tua prima squadra è “l’ultima giovanile”? E puoi negare a questo, meraviglioso, gruppo di “giocatori” la soddisfazione di cimentarsi in un campionato regionale? Perchè loro sono si dopolavoristi, ma si sbattono in palestra 3/4 sere alla settimana dalle 21:00 ale 23:00 incastrando fra famiglie, fidanzate, genitori e lavoro, la loro immensa passione.
E devi trovare il modo di comunicare con la tua gente: e quindi il sito, Facebook, Instagram e gli istruttori da coordinare, i ragazzi da coinvolgere, le visite mediche da prenotare, i genitori da controllare e qualche volta da blandire e poi il campo, che non hai ancora deciso di appendere la lavagnetta al chiodo. E gli sponsors, li dimentichiamo? Se non tieni vivo il rapporto, il motore non gira… E i fornitori, che spesso sono prima amici, ma meritano rispetto pari a quello che ti devono concedere, devono essere pagati.
Eppure sei contento, e non ti pesa, perché è quello che avresti voluto fare tanti anni fa, maledetto te e le tue scelte fatue, e che fai adesso assieme a persone meravigliose che condividono in pieno la tua passione, e ti hanno offerto un’opportunità in un momento in cui era più facile pensare in negativo che in positivo. E tu hai voluto vedere il bicchiere mezzo pieno, ed alla fine era anche del gran Rosso. Com’era la battuta sul lavoro “vero”?
Ti sei messo in discussione, hai fatto qualche buco alla cinghia (che magari avresti potuto fare qualche anno prima…) e via preparare allenamenti e richieste d’uso palestra fino a notte fonda, o a scrivere ordini del giorno per un Direttivo che, certamente, avvallerà le tue scelte…forse!
Poi arriva un giorno di marzo 2020 in cui ti dicono che devi STOPPARE tutto, c’è un virus, Covid19, che si trasmette per contatto e quindi niente più allenamenti, partite, riunioni tecniche, addirittura neanche più andare in ufficio con i tuoi Moschettieri, niente più abbracci, risate, un boccone da Livio che si chiama Aldo, niente. Niente! A casa! II virus uccide, non si scherza, non ci sono mezze misure: uccide! E allora a casa in quarantena, e meno male che hai il giardino, Stefania e Nicolò e Alice, i figli, e un sacco di robe da fare, perché altrimenti 66 giorni sono non lunghi, non lunghissimi, sono infiniti! Infiniti! In appartamento chissà quanto durano 66 giorni…
Ehi,ehi, ma ai nostri ragazzi chi ci pensa?E il MinBasket? Li lasciamo così, non facciamo nulla? Ma dai, proviamo a lavorare da casa, via internet. Via internet? Sicuri? No che non siamo sicuri, ma piuttosto che fermarci… Ebbene si, abbiamo avuto anche 70 ragazzi collegati, ci siamo letteralmente inventati un nuovo modo di allenare. Che, onestamente, ci piace poco! Ma in palestra non si tornerà fino a settembre, speriamo, e non c’è altro modo… Non c’è altro modo. E c’è anche da pensare a come far quadrare i conti, che magari qualche sponsor ci lascia a piedi… beh intanto sospendiamo i rimborsi a tutti, mettiamo fieno in cascina per la ripartenza. E meno male che lo Stato, forse, qualche soldino ce lo da in questi mesi, meglio che niente. Già meglio che niente…

E adesso che tutti riaprono? Noi no, noi in palestra non torniamo, perché purtroppo non possiamo garantire l’adeguato rispetto di protocolli pensati per lo sport Pro, che probabilmente ha una dignità diversa dalla nostra. Ah, potremo fare i centri estivi, ma con un istruttore ogni 7 bambini, più o meno la metà di quelli gestiti lo scorso anno, quindi servono doppi istruttori ovviamente a metà rimborso che mica possiamo alzare le quote in un periodo così?
E’ dura lavorare nello sport di base ai tempi del Covid 19, ma è un lavoro “Vero”.
Anche se a qualcuno sembra un po’ meno “Vero” degli altri. Peccato per lui, che non ha capito nulla.
Sono assai solidale con i lavoratori dello spettacolo (di base) che vivono il nostro stesso sgomento, sperando in un futuro migliore.
Stefano Zorzi