Con Pablo Neruda è stato amore al primo verso, senza discussioni o remore. Un altro martire del sudamerica, perchè personalmente alla morte naturale non ho mai creduto: in quei giorni il Cile non era certamente il posto più salubre del mondo per chi appoggiava, da comunista dichiarato, Salvador Allende. Ma tant’è Pablo Neruda è morto nel 1973, ma ci ha lasciato poemi tali che gli fecero meritare il Premio Nobel per la letteratura nel 1971, e spinsero Gabriel Garcia Marquez a definirlo come il più grande poeta del XX secolo.
Il poema che leggiamo stasera, è scritto nel 1924 ed inserito nella raccolta “Venti poesie d’amore e una canzone disperata” è un dolente canto all’amore e alla lontananza della persona amata, lontana eppure presente nei pensieri del poeta che si duole per aver sprecato un altro tramonto senza di lei.

Abbiamo perso ancora questo tramonto.
Nessuno stasera ci vide con le mani unite
mentre il vento azzurro cadeva sopra il mondo.
Ho visto dalla mia finestra
la festa del ponente sui monti lontani.
A volte, come una moneta
si incendiava un pezzo di sole tra le mani.
Io ti ricordavo con l’anima stretta
da quella tristezza che tu mi conosci.
Allora dove eri?
Tra quali genti?
Che parole dicendo?
Perché mi arriva tutto l’amore d’un colpo
quando mi sento triste e ti sento così lontana?
Cadde il libro che sempre si prende nel tramonto
e come un cane ferito ai miei piedi rotolò la mia cappa.
Sempre, sempre ti allontani nelle sera
dove corre il tramonto cancellando statue.
1924
SZ