Delmore Schwartz – I cani sono shakespearani, i bambini stranieri

11 luglio 1966. Il mio compleanno. Corrisponde esattamente al giorno in cui è morto Delmore Schwartz, a 52 anni. In realtà fu l’odore, della sua morte, che fece si che il cadavere venisse ritrovato il 13 luglio, due giorni dopo. Schwartz era morto solo e abbandonato, come del resto visse buona parte della sua vita. Predato dai suoi demoni e attaccato al collo di una bottiglia, in cui cercava conforto dall’isolamento in cui per qualche recondito motivo il mondo attorno lo aveva relegato.

Ironia della sorte, che è cinica e bara, esattamente nel 1966 la Chiesa cattolica rimosse l’indice dei libri “proibiti”, così che le sue poesie impubblicabili avrebbero potuto vedere la luce. Nello stesso anno due scrittori ebrei, Nelly Sachs e Shmuel Yosef Agnon, vincono il Premio nobel per la letteratura, mentre Schwartz, figlio di ebrei rumeni fuggiti in America muore incompreso, convinto che il mondo della letteratura americana e soprattutto newyorchese, cospirasse contro di lui. Eppure in quel periodo, due delle personalità più influeti della scena artistica Americana, Lou Reed e Allen Ginsberg, lo tributavano di riconoscimenti ed elogi: il primo riconscendogli di essere “l’uomo più che grande che io abbia mai incontrato”. Reed lo reputava talmente importante che, nel 1967 nell’album Velvet Underground & Nico lo omaggaerà con la canzone European Son. Ginsberg lo paragonava a Rimbaud, il maledetto francese. Nonostante queste pregevoli attestazioni di stima, suffragate anche da Allen Tate, la fine di Schawrtz è segnata. E rimane qualcosa di misterioso e intoccabile nella vita devastata di Delmore Schwartz, l’uomo che morì per due giorni senza che nessuno si accorgesse di lui, il poeta impubblicabile e perduto, che non ammette lettori ma devoti discepoli. Esclusivamente.

DELMORE SCHWARTZ

I cani sono shakespeariani, i bambini stranieri

I cani sono shakespeariani, i bambini stranieri.
Lascia che Freud e Wordsworth discutano del bambino,
Angeli e Platonici giudicheranno il cane,
Il cane che corre, si ferma, dilata le narici,
Poi abbaia e guaisce; il ragazzo che pizzica la sorella,
La bimba che canta il ritornello della Dodicesima notte,
Come se avesse capito il vento e la pioggia,
Il cane fa le moine, ascolta i violini in concerto.
Quanto sono triste quando vedo cani e bambini!
Perché sono stranieri, sono shakespeariani.

Dillo tu, Freud, quegli amorevoli bambini sognano
Orrori a causa delle loro funzioni naturali?
E pure tu, Wordsworth, dimmi, i bambini sono davvero
Ammantati di gloria, educati alle oscurità della Natura?
Il cane inquieto fa inchieste lungo la strada,
Il bambino che dà credito ai sogni e teme il buio
Ne sa più o meno quanto te: sanno bene
Che né i sogni né l’infanzia danno risposta:
Anche tu sei straniero, i bambini sono shakespeariani.

Considera il bambino, considera l’animale,
Benvenuti stranieri, ma studiate le cose di ogni giorno
Consapevoli che paradiso e inferno ci accerchiano,
Eppure, ciò che abbiamo detto prima, siamo spiacenti,
Non è sogno né infanzia né
Mito né orizzonte finale o infinito,
Perché siamo imperfetti e non conosciamo il futuro,
E le nostre anime stanno danzando e ululando
Mentre le sillabe battono sul sipario:
Siamo shakespeariani, siamo stranieri.

SZ

Una opinione su "Delmore Schwartz – I cani sono shakespearani, i bambini stranieri"

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