Il privilegio di voler leggere.

Ho iniziato a “leggere” che ancora non sapevo esattamente, come si articolavano le sillabe e non conoscevo l’alfabeto. Mio padre buonanima era, negli anni 70, un grande appassionato di fumetti, a casa ne passavano infiniti: Tex Willer, Zagor, Il Grande Blek, Capitan Miki, L’Intrepido, Il Monello…erano fumetti appunto, e io bambino, scorrevo le figure e raccontavo al mio vecchio quanto riuscivo a capire, dalle illustrazioni, delle storie raccontate. Bei tempi: la TV era in bianco e nero e si vedevano il primo canale Rai, Rai1 era di la da venire, Il secondo canale Rai trasmetteva da pochi anni, poi si intercettavano le frequenze di TV Koper – Capodistria, l’unica vera alternativa alla Rai che trasmetteva anche programmi in italiano, tipo Zona Sport dove passava il basket, sport che adoravo e che mai avrei immaginato più di quarant’anni dopo sarebbe diventato la mia professione. Sto divagando e di questo avremo occasione di parlare.

I palinsesti televisivi in quegli anni avevano però tutti una caratteristica, più o meno verso mezzanotte interrompevano le trasmissioni e sugli schermi appariva il cosiddetto monoscopio che, sostanzialmente, invitava tutti ad accomodarsi fra le leggiadre braccia di Morfeo. Avrei scoperto da li a poco che quel tempo fra la fine delle trasmissioni e il sonno, che in vita mia è sempre stato poco, sarebbe diventato un patrimonio: il tempo della lettura! Nel frattempo avevo raggiunto l’età scolare e avevo finalmente imparato a leggere, leggevo bene e mi piaceva, mi riusciva davvero facile tramutare in parlato quella sequenza infinita di caratteri tipografici, seguivo con attenzione la punteggiatura in modo da dare alle frasi la giusta enfasi e la corretta modulazione. A scuola primeggiavo nelle gare di lettura, e la memoria mi consentiva di imparare con facilità le poesie proposte dal programma delle elementari e qualcuna ancora la ricordo.

Leggere in casa Zorzi era un must, Papà alternava i fumetti, letture più leggere, con libri gialli e racconti polizieschi, mentre mia madre, probabilmente per compensare il fatto di non aver avuto l’opportunità di studiare leggeva, qualsiasi cosa le passasse fra le mani. A otto, forse nove anni, ebbi il primo incontro con la poesia “moderna”, trovai nel cassetto di mia madre una raccolta di poesie di Cesare Pavese, di cui avete già letto su questo blog, ne lessi qualcuna ma mi apparvero troppo difficili e ostiche, cosicché le rimandai a tempi più adulti.

Nella mi infanzia ho vissuto una dicotomia relativa alle famiglie dei miei genitori: da una parte la famiglia paterna, benestante, imprenditori in proprio dato che erano stimati mugnai, famiglia cattolicissima, dichiaratamente democristiana; dall’altra parte la famiglia di mia madre: padre muratore ex deportato in guerra e mamma ex mondina nelle langhe, fratello operaio, per nulla praticanti, dichiaratamente comunisti. Io volevo bene a tutti, ma le differenze erano evidenti. Poi c’era il fatto che per il nonno materno ero il primo nipote, mentre per il nonno paterno ero il quarto, entrambi però adoravano il mio modo di leggere. Lo adoravano a tal punto che il nonno paterno mi regalò un abbonamento al Piccolo Missionario, un abbonamento a Nigrizia e mi faceva leggere tutte le domeniche l’editoriale della Famiglia Cristiana. Poco contava che le posizioni socio politiche di Famiglia Cristiana e di Nigrizia all’epoca non fossero esattamente allineate, erano pubblicazioni cattoliche equiparabili ai Vangeli e quindi benedette da Dio e dai nonni di Verona, già perché ho dimenticato di dire che i nonni materni erano di Mantova. Per la precisione di Marmirolo.

E a Marmirolo si andava spesso quando ero bambino, con la 600 bianca di mio padre targata VR 111555 ci si impiegava una mezz’oretta: era il ” viaggio” domenicale, quasi un rito, così come un rito era, dopo la fine del pranzo, la passeggiata in paese con nonno Aldo, il quale mi portava spesso in giro per i Bar del Paese e, altrettanto spesso, mi chiedeva anzi quasi pretendeva che gli leggessi ad alta voce gli articoli della Gazzetta di Mantova o, meglio ancora dell’Unità. Così incredibilmente e inconsapevolmente, a otto, nove anni avevo il mio pubblico di aficionados che ascoltavano dalla mia voce di fanciullo la lettura degli editoriali di Giorgio Pajetta o di Aldo Tortorella o i resoconti dei comizi di Berlinguer, che devo dire mi affascinavano tanto quanto le epopee missionarie nell’africa nera che leggevo su Nigrizia.

Comunque la lettura era diventata una passione davvero importante: mentre ero alle elementari leggevo Emilio Salgari, sia l’epopea del Borneo dedicata alle Tigri di Mompracem, che la saga dei Corsari, accompagnarono la mia infanzia assieme alle letture scolastiche, giacchè mi piaceva studiare assai. In quegli anni in Tv, rigorosamente in bianco e nero, passava uno “sceneggiato per ragazzi” intitolato Pippi Calzelunghe, raccontava le avventure di questa stranissima ragazzina dai capelli rossi, proprietaria di un cavallo a pois che viveva da “adulta” sola in una grande casa attorniata da strani e buffi personaggi di contorno. L’autrice della saga era tale Astrid Lindgren che aveva già dato alle stampe vari best seller per ragazzi, tra cui Kalle Blomqvist Il Grande Detective: il libro fu un flash assoluto, un thriller per ragazzi di cui ricordo tutto ancor oggi, trama ovviamente, carattere di stampa e colore della copertina, rossa con scritte bianche. Anche la letteratura poliziesca era entrata nella mia orbita, non ne è ancora uscita!

Gli anni delle superiori e la scoperta dei classici, anche se non approfonditi come al liceo, non fecero altro che consolidare la mia propensione alla lettura, in abbinata con la crescita anche della mia capacità di scrivere, già emersa durante le scuole medie; ricordo il mio professore di Italiano, il prof Raffaello Zaninelli, chiedere, insistentemente, a mia madre se era assolutamente sicura di non iscrivermi ad un liceo classico… no, sarebbe stato un’Istituto Tecnico Commerciale il mio futuro scolastico, e a guardarlo oggi da qui fu una scelta sofferta ma logica, nel contesto familiare dell’epoca. Poi ho avuto la fortuna di trovare un gruppo di compagni di scuola fantastici… prima o poi ne parlerò, ben più di quanto non stia già facendo, perchè lo meritano e da 40 anni sono una parte importante di me.

Eh si, la lettura mi appassionava e appassiona così tanto, da aver coltivato negli anni anche la capacità, o il privilegio, di riuscire a leggere più libri contemporaneamente, e dai contenuti diversissimi: romanzi, saggi, narrativa, storia e senza dimenticare i testi legati alla mia attività sportiva, libri sia di tecnica che di narrativa sportiva. Mentre vi sto scrivendo ho quattro libri aperti: sto rileggendo Altri Libertini di Pier Vittorio Tondelli, ho iniziato recentemente un romanzo-documento sulla “vita” nei lager nazisti scritto dal dottor Viktor Frankl intitolato Uno psicologo nei lager. un thriller di Lee Child, uno dei miei autori preferiti, Non sfidarmi e un libro di esercizi giochi elezioni di minibasket, Minibasket in Cartella scritto da uno dei guru del settore Maurizio Mondoni. E vi diro che non mi pesa, anzi. Quasi non riesco a farne a meno.

Nel corso degli anni ho convertito alla lettura anche mia moglie. Stefania è una lettrice accanita e convinta, le piacciono i romanzi e i polizieschi, meno la saggistica ma viaggia ad un libro a settimana, rigorosamente presi in biblioteca. Io invece non riesco a leggere un libro se non è mio, faccio molta fatica a prestare i miei libri e a riceverne in prestito. sono un po’ strano, lo so. Mi è andata meno bene con i miei figli, lettori occasionali, che non sanno, o magari si ma ognuno decide per se , cosa si perdono.

L’unica cosa che mi rimprovero nella mia carriera di lettore appassionato è il passaggio, peraltro obbligato, dal libro in carta al formato elettronico. Obbligato perchè lo spazio in casa era esaurito, perché è giusto evitare l’abbattimento di alberi per produrre la carta. Ovviamente l’idea di smettere di leggere non mi ha nemmeno sfiorato, così ho accettato un compromesso forzato: l’ebook che, per quanto ci provino in tutte le maniere è ben diverso dal libro stampato, di carta. Però ha il vantaggio che puoi caricare una grande quantità di libri, da leggere in contemporanea… Siccome però la carta stampata ha un fascino irresistibile, ogni tanto riprendo in mano un libro già letto e lo rileggo; siete curiosi di sapere quali ho riletto più volte? Beh ho sicuramente letto Seppellite il mio cuore a Wounded Knee almeno 6 volte, LatinoAmericana altrettante volte, It di Stephen King almeno 4 volte… e tanti altri, anche classici tipo l’Odissea di Omero che ho letto 3 volte (con tre edizioni commentate differenti) e L’Amleto di Shakespeare 2 volte. Come vedete epoche e storie diverse.

Eh già, perché nella mia testa restano scolpite le parole di Umberto Eco, di cui ho letto tutti i romanzi e qualche saggio, che riferendosi alla passione per la lettura diceva: “Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà il privilegio di aver vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…perchè la lettura è un’immoratlità all’indietro”

Ed io mi sento assolutamente un privilegiato! Vi auguro di cuore le migliori letture.

SZ

9 pensieri riguardo “Il privilegio di voler leggere.

  1. Bell’articolo. Molto intimo. Da ingegnere chimico posso dirti che l’industria della carta sta praticamente scomparendo e che la cellulosa non si faceva dagli alberi della foresta amazzonica o da altri forests importanti, ma dai simpatici pioppi che si piantavano e ripiantavano dopo la loro tosatura. Pertanto invito sempre tutti alla lettura cartacea, non fa male al pianeta piu di compare un tablet pieno di germanio e silicio che poi non si sa come smaltire. Un caro saluto. Fritz.

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    1. Hai ragione, nei pioppeti bordo Po, andavo con mio nonno a raccogliere i funghi quando ero bambino, la realtà è che ho dovuto trovare un compromesso con la mia dolce metà visto che i libri occupano due stanze di casa… o io o i libri, e ho scelto di non dormire all’addiaccio… scherzi a parte, speriamo che il mondo torni a leggere, c’è tanto tanto bisogno di cultura.

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      1. Si, ti capisco. Bisogna arrivare ad un compromesso con chi ci vive intorno, altrimenti sono dolori. Belli i ricordi che fai della tua famiglia e di tuo padre e qui anche di tuo nonno.

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      2. due figure fondamentali della mia vita, più con i silenzi che con le parole… mi mancano molto, davvero! E ne sentirai parlare ancora se passi su queste pagine, per quanto mi hanno dato.

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