Charles Baudelaire – Spleen

Uno dei principali poeti francesi e uno dei più influenti europei, Talentuoso e poliedrico, poeta, scrittore, saggista, traduttore nonché aforista, giornalista e critico di arte e di letteratura, Charles Pierre Baudelaire è nato nel 1821 a Parigi.

Il famoso poeta francese ha perso suo padre quando aveva solo sei anni, perdita che ne segnerà profondamente l’esistenza. Legatissimo alla madre Caroline, Charles vive un rapporto conflittuale con il patrigno, persona chiusa ed estremamente rigorosa che poco tollera gli eccessi sregolati del giovane Charles .Per migliorare la situazione il patrigno decide di inviarlo in India, allontanandolo dalle tentazioni parigine. Baudelaire in India non arriverà mai, il poeta si ferma alle Isole Mauritius dove inizia a scrivere “Les Fleurs du Mal” e si innamora di tutto ciò che è esotico.

Fra ritorni a Parigi e viaggi attraverso l’Europa la vita di Charles Baudelaire, da perfetto dandy, proseguirà fra alcool, droghe e infiniti problemi problemi economici; l’apprezzamento dei suoi scritti fu davvero tardivo se non addirittura postumo, costringendole ad una vita di prestiti e conseguentemente di debiti da onorare. Baudelaire soffriva molto questa mancanza di apprezzamento, addirittura molte sue opere furono censurate e recuperate dopo la morte avvenuta nella natia Parigi a soli quarantasei anni.

Alfiere del decadentismo e precursore dei maudit francesi ci ha lasciato scritti di alta, altissima qualità, come la poesia di oggi che rende alla perfezione il conflitto interiore del poeta. Buona lettura!

CHARLES BAUDELAIRE – SPLEEN

Quando, come un coperchio, il cielo pesa greve
Sull’anima gemente in preda a lunghi affanni,
E in un unico cerchio stringendo l’orizzonte
Riversa un giorno nero più triste dell notti;

Quando la terra cambia in un’umida cella,
Entro cui la Speranza va, come un pipistrello,
Sbattendo la sua timida ala contro i muri
E picchiando la testa sul fradicio soffitto;

Quando la pioggia stende le sue immense strisce
Imitando le sbarre di una vasta prigione,
E, muto e ripugnante, un popolo di ragni
Tende le proprie reti dentro i nostri cervelli;

Delle campane a un tratto esplodono con furia
Lanciando verso il cielo un urlo spaventoso,
Che fa pensare a spiriti erranti e senza patria
Che si mettano a gemere in maniera ostinata.

– E lunghi funerali, senza tamburi o musica,
Sfilano lentamente nel cuore; la Speranza,
Vinta, piange, e l’Angoscia, dispotica ed atroce,
Infilza sul mio cranio la sua bandiera nera…

SZ

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