Ho un rapporto personale decisamente controverso con i Pink Floyd, da cultore della musica rock non posso non considerarne l’impatto e l’importanza, dal punto di vista prettamente musicale non posso che riconoscere il valore dei componenti e un incredibile capacità di amalgama musicale anche in tempi di convivenze che definire difficili è poco. Eppure…, non so bene perché c’è sempre stato qualcosa, un granellino di sabbia nell’ingranaggio che nome li ha mai fatti “amare” o, se preferite, che me li abbia resi “musicalmente indispensabili”, ciò nonostante posseggo quasi tutta la loro discografia e tutta l’ho ascoltata, ma non è mai scattata la scintilla, cosa accaduta con gruppi o solisti di spessore e impatto musicale sicuramente inferiore, non lo so il perché, è così e basta, però è un tarlo che rosica: nei miei dieci album da isola deserta, non .c’è un album dei Pink Floyd, ma se ci fosse probabilmente sarebbe THE PIPER AT THE GATES OF DAWN, a dispetto di altri album ben più famosi e meglio recensiti o valutati da critica e pubblico. Ed è comunque un album importante oltre che il primo della band.
Potrebbe dipendere dal fatto che è l’unico album dei Floyd con Syd Barret, prima che si immergesse nelle nebbie lisergiche dei suoi demoni personali; magari dipende dal fatto che i due singoli che hanno preceduto l’album(siamo nel 1967 e funzionava così: 45 con due canzoni, altro 45 giri con due canzoni e poi album completo) portino al lato A due pezzi per poco o nulla rappresentativi dei Floyd che saranno, come Arnold Layne e See Emily play, pezzi che ho adorato fin dal momento in cui ho acquistato una raccolta dei Pink Floyd, per introdurmi nel loro mondo, mah… A proposito, sull’album delle due canzoni succitate non c’è traccia alcuna: Barret recupera solo Scarecrow, lato B del secondo singolo e molto molto più intriso di umori lisergicissimi, molto più rappresentativo dei Pink Floyd che saranno!
A differenza dei Cd o della musica digitale gli LP hanno l’obbligo di essere “girati” sul piatto per goderne entrambe le facciate e qui si gode eccome, lato A: Astronomy Domine un gioco di chitarre liquide che giocano a rimpiattino con gli echoes. Lato B: Interstellar Overdrive, un epopea cosmica con un riff elastico che lascia spazio all’improvvisazione. Potremmo chiudere qui un capolavoro della psichedelia inglese però… però arrivano Lucifer Sam e Mathilda Mother poi Chapter 24 e a chiudere The Gnome e Bike a consacrarlo nelle opere rock di ogni tempo. E’ chiaro a tutti che i ragazzi saranno pure matti, ma pericolosi no. A parte Syd e solo per se stesso.
Qui, esattamente qui finisce la storia di Syd Barret e i Pink Floyd, poi ci saranno alcune canzoni, la rottura coincisa con l’ingresso di Gilmour nel gruppo, un album solista THE MADCAPS LAUGHS a cui collaborò attivamente David Gilmour oltre Robert Wyatt e poi BARRET, inferiore al precedente ma sempre ispirato e poi l’oblio, sempre più profondo. I Pink Floyd nel frattempo stavano diventando altro, non migliori, non peggiori, sicuramente diversi! 5 stelle e… shine on, crazy diamond!!
Buon Ascolto!!

5 stelle meritatissimo. Più che un disco un viaggio (se ascoltato con questo caldo bestiale che da un tocco di disagio in più è a mio avviso ancora meglio!).
P. S il sempre calmo Mason qui era decisamente selvatico
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